CFP schermi #1: Divismo e sessualità nell’Italia del secondo dopoguerra

Call for Papers (Schermi, Anno IV, N. 8, II semestre 2020)

Divismo e sessualità nell’Italia del secondo dopoguerra

a cura di Laura Busetta e Federico Vitella

consegna pezzi: 01-04-2020

 

Divismo cinematografico e sessualità sono strettamente collegati secondo Francesco Alberoni. Per il fondatore degli studi sociologici italiani sul divismo, non detenendo alcun potere di tipo istituzionale, i divi sarebbero svincolati dalla morale corrente e quindi liberi di infrangere le limitazioni tradizionali in materia di condotta sessuale, finendo per assumere una funzione significativa nel campo della trasgressione, quasi a realizzare i sogni più riposti di un pubblico altrimenti vincolato a costrizioni e doveri. Dunque, anche se i divi non deterrebbero potere, sarebbero delle vere e proprie élite sul piano della morale. Appunto delle élite senza potere.

La questione della vita privata dei divi è qui decisiva. Ridotto all’essenziale, il concetto teorico di divismo (stardom) risiede proprio nella scissione della star in attore e personaggio. Per gli spettatori di Gilda (C. Vidor, 1946), Rita Hayworth è nello stesso tempo Gilda e l’attrice Rita Hayworth che, in carne e ossa, ne interpreta le gesta. I divi, per dirla con Robert Allen e Douglas Gomery, sono attori con biografia. E la biografia, la presenza extra-filmica dei divi, veicolata in modo più o meno artefatto e strategico dalla pubblicistica a grande diffusione, può essere in certi casi finanche più rilevante per l’immagine divistica (star persona) di un attore rispetto alla sua presenza filmica.

La questione della sessualità acquista ancora maggior crucialità, in Italia, in rapporto al divismo cinematografico, se declinata in prospettiva storica, con particolare riguardo per il secondo dopoguerra, quando cioè il completamento del processo di modernizzazione dell’industria cultuale si accompagna all’allentamento della presa della morale cattolica sulla società. Da un lato, cambiano i costumi sessuali degli italiani per effetto del miglioramento delle condizioni di vita, del ridimensionamento della funzione educativa di Stato e religione, della penetrazione di comportamenti alternativi che le culture giovanili e le controculture mutuano dai paesi più avanzati. Dall’altro, aumenta sensibilmente il tasso di sessualizzazione del sistema dei media, ovvero la quantità, il livello di trasgressività e il grado di accessibilità dell’offerta di forme culturali a contenuto sessuale. Prima di trovare collocazione definitiva, nel corso degli anni Settanta, nel settore specifico della pornografia, un immaginario erotico via via più esplicito contamina aree sempre più ampie della stampa generalista, a partire da prodotti editoriali apparentemente insospettabili come le riviste politiche radicali e gli albi a fumetti.

Il presente numero di «Schermi» – che maturato nel quadro del PRIN Comizi d’amore. Il cinema e la sessualità in Italia (1948-1978) inaugura una serie di quattro monografici a tema – intende proprio mettere a fuoco il rapporto tra divismo cinematografico e sessualità, in Italia, nel periodo compreso tra il 1948 e il 1978: date convenzionali da ricondurre, rispettivamente, al varo dell’assetto repubblicano a egemonia democristiana e al diffondersi in Italia delle prime sale destinate alla proiezione del film per adulti. Secondo Stephen Gundle, autore di studi indispensabili per re-inquadrare oggi la questione, il cinema italiano vanterebbe addirittura una sorta di primato europeo rispetto alla caratterizzazione dell’immagine divistica in termini sessuali, con Silvana Mangano a fare notoriamente da apripista, nel 1949, attraverso il seminale Riso amaro di Giuseppe De Santis, presto imitata da Gina Lollobrigida, Sofia Loren e dalle altre cosiddette “maggiorate fisiche”. Le giovani star italiane degli anni Cinquanta, brune, formose e impertinenti, passionali e un poco grossolane, riempiono schermi e rotocalchi e ripopolano felicemente il pantheon divistico italiano dopo la dieta neorealista e la depurazione della costellazione attoriale mussoliniana, proiettando sulla scena internazionale un’immagine intrigante all’insegna di gioventù e fertilità. Parallelamente, è nello stesso periodo che, come ha notato Jacqueline Reich, viene messa in discussione la retorica dell’iper-mascolinità italiana, compromessa da rappresentazioni divistiche che oscillano tra la potenza erotica del seduttore e la sessualità frustrata dell’inetto. Ma lo scenario è complesso e articolato, certamente irriducibile alle parabole divistiche individuali. Le immagini divistiche nazionali risentono tutte del processo di sessualizzazione del sistema dei media, come, per altro verso, la vita privata degli attori risente del mutamento generali dei costumi del Paese. Per tracciare quadri di insieme di una certa tenuta, urge indagare in modo sistematico come cambino, da un lato, le forme della rappresentazione del visibile sessuale dell’attore italiano, dall’altro, i discorsi divistici di ordine sessuale veicolati dalla stampa popolare a grande diffusione, nella loro interdipendenza con l’arena culturale e il quadro politico-istituzionale.

In particolare, si sollecitano proposte su divismo e sessualità in linea con il trattamento delle seguenti macro-questioni:

  • individuazione di immagini divistiche paradigmatiche;
  • individuazione di crocevia storici ed eventi periodizzanti;
  • mutamenti significativi nella sessualizzazione di singole immagini divistiche;
  • immagini divistiche portatrici di sessualità esotica/eccentrica;
  • immagini divistiche come modelli di femminilità/mascolinità;
  • costruzione (e decostruzione) da parte dei divi/dive delle proprie immagini;
  • autorialità multipla dell’immagine divistica sessuata nel cinema italiano;
  • modi di rappresentazione del corpo degli attori e delle attrici a mezzo stampa;
  • discorsivizzazione della condotta sessuale degli attori e delle attrici a mezzo stampa;
  • ricezione critica delle performance attoriali rispetto al corpo sessuato;
  • allargamenti e restringimenti del visibile sessuale nel cinema italiano;
  • forme della rappresentazione del visibile sessuale nel cinema italiano;
  • sessualizzazione di parti e ruoli nella produzione cinematografica italiana;
  • commercializzazione/industrializzazione della sessualità e del corpo divistico;
  • rapporti diretti e indiretti tra censura e divismo nel cinema italiano;
  • sessualizzazione dei paratesti della produzione cinematografica italiana;
  • Scandali divistici (star scandals), morale e costume nazionale;
  • fandom e seguito popolare esplicitamente connotati in termini sessuali.

Le proposte (max 300 parole, in italiano o in inglese, corredate da una bibliografia essenziale) dovranno essere inviate entro il 15/01/2020 al seguente indirizzo di posta elettronica: lbusetta@unime.it e fvitella@unime.it

L’esito della selezione sarà comunicato entro il 31/01/2020, e i saggi completi – compresi tra le 30.000 e le 35.000 battute (spazi e note incluse, bibliografia esclusa), accompagnati da un abstract di 100 parole (in inglese) e da 5 parole chiave (sempre in inglese) – dovranno essere inviati entro il 01/04/2020 e saranno sottoposti a una doppia revisione.