The Excessive Deficit Oversight of the European Union Works

Since 1994, the budgetary process of European Union governments can be subject to a supranational oversight procedure if the deficit is deemed excessive.

Does it work? In brief, yes.

In this work, I show that the impact of surveillance during budget drafting offsets that of a two-year shortening of expected government duration, the addition of one party to a government coalition when debt is high, or a leftward shift in government ideology when the risk of replacement is low.

Using a technique called exact matching on treatment histories, I also show that these effects peak after four to five years.

Being under surveillance may lower the benefits of fiscal profligacy in the proximity of elections. Reforms, on the other hand, like the one occurring now, hardly make a difference.

Franchino, Fabio. 2023. ‘International Oversight of Fiscal Discipline’. European Journal of Political Research. Early View. https://doi.org/10.1111/1475-6765.12600.

Asbtract: Fiscal discipline, the sustainable balancing of government outlays with revenues, is one of the most extensively theorized and empirically investigated objects of inquiry in political economy. Yet, studies covering European Union (EU) countries have mostly ignored the oversight of national budgets via the EU excessive deficit procedure. I explain why this surveillance engenders lower deficits and investigate its effects across all EU member countries. Results indicate that the impact of surveillance during budget drafting offsets that of a two-year shortening of expected government duration, the addition of one party to a government coalition when debt is high, or a leftward shift in government ideology when the risk of replacement is low. Moreover, estimates from exact matching on treatment histories indicate that these effects peak after four to five years. These findings have important normative implications for democratic policy-making in European countries and the fledgling EU-wide fiscal policy.

Bargaining outcomes and success in EU economic governance reforms

We assess the accuracy of procedural and bargaining models in predicting the outcomes of the reforms of the economic governance of the European Union (EU) that took place between 1997 and 2013. These negotiations were characterized by high costs of failure. We confirm the accuracy and robustness of the compromise model, but a procedural model with a costly reference point performs well, indicating that misestimation of the no-agreement cost may be a reason for its commonly reported poorer accuracy. However, this model is more sensitive to measurement errors. We also show how both models contribute to understanding bargaining success and how the conditional influence of the European Parliament should not be ignored. We conclude by discussing the implications of these results for our understanding of the EU.

Franchino F and Mariotto C (2022) Bargaining outcomes and success in EU economic governance reforms. Political Science Research and Methods 10(2). 2021/07/15 ed. Cambridge University Press: 227–242. DOI: 10.1017/psrm.2021.26.

Noncompliance risk, asymmetric power and enforcement design

In the European Union, states can distribute enforcement prerogatives between a supranational agency, over which they exercise equal influence, and a Council of ministers, where power resources mostly vary by country size. What shapes attitudes towards different enforcement designs? States at greater risk of noncompliance should eschew deeper cooperation and prefer procedures over which they can exercise more influence. Employing an original data set of positions on relevant contested issues during the negotiations over fiscal governance rules from 1997 to 2012, we show that governments at greater risk of noncompliance prefer greater discretion and, if they have higher voting power, more Council involvement in enforcement. These factors only partially explain positions on Commission empowerment. Given their greater indeterminacy, attitudes are also shaped by national public opinion.

Franchino F and Mariotto C (2021) Noncompliance risk, asymmetric power and the design of enforcement of the European economic governance. European Union Politics 22(4). SAGE Publications: 591–610. DOI: 10.1177/14651165211023832.

Cosa vogliono gli elettori pentastellati? Spesa, tasse o debito?

In un recente lavoro abbiamo sostenuto che le posizioni degli elettori del Movimento Cinque Stelle in materia di politica economica sono moderate. Riportiamo i risultati di un ulteriore studio basato su un esperimento condotto nel novembre 2017. Gli elettori più propensi a votare per il Movimento Cinque Stelle hanno priorità caratterizzanti in termini di spesa pubblica ma denotano anche una spiccata sensibilità all’abbattimento del carico fiscale e non ignorano la necessità di ridurre il debito pubblico.

In un recente lavoro abbiamo sostenuto che le posizioni degli elettori del Movimento Cinque Stelle in materia di politica economica sono moderate. Se devono scegliere fra un aumento delle tasse e dei servizi sociali, una diminuzione o il mantenimento degli stessi livelli di spesa e tassazione, preferiscono quest’ultima opzione. Inoltre, in una inversione di tendenza degli orientamenti fra le elezioni politiche del 2013 e quelle europee del 2014, penalizzano di più l’aumento della spesa e delle tasse che la loro diminuzione.

Questi sono i risultati di una ricerca del giugno 2014. Nel novembre 2017, abbiamo condotto un simile esperimento.  Ai 3011 partecipanti è stato chiesto di scegliere tra programmi economici che prevedevano la modifica di varie destinazioni  di spesa pubblica (lotta alla povertà, sanità, disoccupazione, sostegno alla famiglia, pensioni), del livello generale di tassazione (da meno sette a più sette percento) e di debito pubblico.

I due grafici sottostanti illustrano i programmi economici ideali dei partecipanti allo studio, suddivisi per il partito per il quale hanno dichiarato una forte propensione a votare (cliccate sull’immagine per ingrandire). I punti senza la linea orizzontale (detta intervallo di confidenza) indicano la direzione o misura più apprezzata tra le varie destinazioni di spesa e livelli di tassazione e debito. I punti con le linee orizzontali indicano invece l’entità con la quale gli altri orientamenti vengono penalizzati.

Ad esempio, gli elettori del Movimento Cinque Stelle preferiscono un aumento della spesa per la lotta alla povertà, piuttosto che una sua riduzione o il mantenimento dello stesso livello. Se la linea orizzontale interseca la linea verticale tratteggiata, i partecipanti sono indifferenti. Gli elettori pentastellati preferiscono ad esempio una diminuzione delle tasse, ma sono indifferenti se tale riduzione è del tre o sette percento.

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I grafici ci permettono di fare le seguenti considerazioni.

L’effetto have-your-cake-and-eat-it-too

Tutti i partecipanti, indipendentemente dal loro orientamento politico, preferiscono idealmente una diminuzione del carico fiscale, la riduzione del debito pubblico ed il mantenimento o l’aumento dei livelli di spesa (in nessun caso la riduzione di una destinazione di spesa è l’opzione preferita). Questo, in effetti, è un mondo ideale, ma non vuol dire che gli italiani ignorino i vincoli di finanza pubblica. Hanno a cuore gli obiettivi di spesa pubblica, vorrebbero pagare meno tasse e sanno che la riduzione del debito è opportuna.

I pentastellati e la spesa pubblica

La lotta alla povertà è una chiara priorità per gli elettori pentastellati, ma lo è anche per gli altri – con minore intensità tuttavia siccome in molti casi le differenze rispetto al mantenere la spesa invariata o diminuirla non sono significative.

I pentastellati appaiono anche più favorevoli all’aumento dei sussidi di disoccupazione, ma questi non emergono come una priorità (neanche per gli elettori di sinistra). In questo caso, le differenze più ampie sembrano essere con gli elettori della Lega e di Forza Italia, che si oppongo chiaramente ad un aumento.

I pentastellati sono anche più chiaramente a favore di un aumento delle pensioni – un orientamento che li accomuna con gli elettori di destra, che tuttavia rimangono più cauti.

Infine, l’aumento per la spesa sanitaria accomuna tutti gli italiani (un briciolo meno la sinistra), anche i più restii elettori di destra. Lo stesso si può dire per la spesa in sostegno alla famiglia, ma per nessuno questa politica è una priorità (sigh).

I pentastellati e le tasse

In termini di tassazione, gli elettori del Movimento Cinque Stelle sono piuttosto simili agli elettori della Lega e di Forza Italia. Abbattere il carico fiscale del tre o sette percento sono opzioni preferite degli elettori di entrambi i tre partiti.

Gli unici che chiaramente si distinguono sono gli elettori del Partito Democratico, siccome sono disposti a mantenere invariato il carico fiscale.

I pentastellati e il debito pubblico

Per quasi tutti, inclusi i pentastellati, sarebbe opportuno ridurre o mantenere invariato il debito. Gli elettori di Forza Italia curiosamente sembrano indifferenti tra un aumento e una riduzione. Forse ciò denota una minore importanza data al debito, ma è un elemento che necessita un’indagine più sistematica.

 

In conclusione, gli elettori del Movimento Cinque Stelle hanno priorità caratterizzanti in termini di spesa pubblica ma denotano anche una spiccata sensibilità all’abbattimento del carico fiscale. Non ignorano inoltre la necessità di ridurre il debito pubblico.

Mistrust in the Greek government undermines support for a fiscal union

In May 2015, we conducted an online survey, employing the Italian National Election Studies online panel, where more than three thousand Italian participants have been asked to choose in pairwise comparisons between fiscal unions with different characteristics.

Although more than sixty percent of the participants declared their support for a fiscal union, even when made aware of its distributive implications, they systematically preferred unions with the lowest possible tax rate (Figure 1 – click on the figure to enlarge), note: a positive (negative) value means that a union with that characteristics is supported (opposed).

Figure 1: Attitudes toward fiscal unions with different characteristics

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Among several other factors, it seems that attitudes toward the Greek government undermine support for a fiscal union. Trust in the Greek government is not high (Figure 2) and – importantly – attitudes toward fiscal unions vary between participants having low and high trust, at least with regard to the very important issue of the tax rate (Figure 3)

Figure 2: Trust in the Greek government

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Figure 3: Trust in the Greek government and attitudes toward fiscal unions

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Trust in the Italian government is only marginally higher (Figure 4), but – importantly – attitudes toward fiscal unions do not vary significantly between participants having low and high trust (Figure 5)

Figure 4: Trust in the Italian government

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Figure 5: Trust in the Italian government and attitudes toward fiscal unions

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Trust in the German government is even higher (Figure 6), but – similarly – attitudes do not vary much between participants having low and high trust, with the possible exception of the spending priorities (Figure 7)

Figure 6: Trust in the German government

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Figure 7: Trust in the German government and attitudes toward fiscal unions

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In sum, participants are unwilling to pay for a fiscal union and these attitudes can be at least partially explained by the lack of trust in the Greek government.

Some of these findings have been presented in a paper written with Paolo Segatti (Università degli Studi di Milano) and presented at the Panel on Austerity Politics at the Crossroads, 5th Annual Conference of the European Political Science Association, Vienna, June 25 – 27, 2015

Italians, European Economic Policies and the Euro

Support for the European Union has significantly dropped over the past seven years.

In June 2014, we conducted an online survey experiment, through ITANES and SWG, where 3026 participants have been asked to choose between economic programs in pairwise comparisons.

The key results are:
a) Reducing unemployment is perceived as a key priority, even if it leads to somewhat higher inflation
b) Italians are happy about the current size of public spending and taxation
c) Policies advocating dropping the euro are strongly rejected
d) Italians prefer less intrusive budgetary controls from the EU
e) There is no support for EU-wide welfare state policies, either in addition to or replacing national policies

The presentation of the research report can be downloaded here .

Negli ultimi sette anni, l’opinione pubblica nei confronti dell’Unione Europea è notevolmente peggiorata.

Nel mese di giugno 2014, abbiamo condotto un esperimento online, in collaborazione con ITANES e SWG, dove è stato chiesto a 3026 partecipanti di scegliere tra coppie di programmi economici.

I risultati principali sono i seguenti:
a) La riduzione della disoccupazione è percepita come una priorità fondamentale, anche al costo di una inflazione leggermente più elevata
b) Gli italiani sono soddisfatti dei livelli correnti di tassazione e spesa pubblica
c) L’uscita dall’euro è fortemente osteggiata
d) Gli italiani preferiscono controlli di bilancio meno intrusivi da parte dell’Unione Europea
e) Non c’è sostegno per politiche di welfare a livello di Unione Europea, in aggiunta o in sostituzione alle politiche nazionali

La presentazione del rapporto di ricerca è disponibile qui .