Piccole percentuali, grandi obiettivi: prevenire la mastite per ridurre l’impatto ambientale

Garantire benessere e buona salute all’interno delle aziende zootecniche è essenziale per allevare animali sani e produttivi. E, come molti studi riportano, sono le aziende con la maggior efficienza produttiva ad avere anche un minor impatto ambientale (Gerber et al., 2011; Guerci et al., 2013; Bava et al., 2014).

Tra le patologie più frequenti nelle stalle da latte vi è la mastite, infezione della mammella che comporta grosse perdite economiche a livello aziendale. La mastite causa un decremento produttivo notevole portando, nei casi più gravi, alla riforma dell’animale. Cali produttivi e riduzione della carriera dell’animale hanno inevitabilmente influenze negative sull’impatto ambientale. L’entità delle emissioni dovute a questa patologia dipende dal tipo di mastite, dalla sua gravità, dal numero di parto dell’animale e da numerosi altri fattori. Alcuni studi hanno provato a stimare l’impatto ambientale della mastite attraverso dei modelli di simulazione.

Uno studio di Hospido e Sonesson (2005) ha valutato l’impatto ambientale dell’incidenza di mastite in due distinti scenari; le caratteristiche del primo scenario rispecchiavano le tipiche condizioni aziendali di una stalla di vacche spagnola, con un’incidenza di mastite clinica del 25% e di mastite subclinica del 33%; per il secondo scenario, invece, si è considerata un’incidenza di mastiti inferiore, rispettivamente del 18% e del 15%, grazie all’attuazione di alcune pratiche gestionali. Tra le categorie di impatto prese in considerazione dallo studio, valutate con il metodo Life Cycle Assesment, quelle più influenzate positivamente da una riduzione dei casi di mastite erano l’eutrofizzazione, l’effetto serra e l’acidificazione (Grafico 1). Complessivamente, si è ottenuta una riduzione dell’impatto media del 4.2±1.4% passando dallo scenario standard allo scenario “migliorato”.


Grafico 1: Valori normalizzati per unità funzionale delle principali categorie di impatto nei due scenari dello studio.
(Hospido e Sonesson, 2005)

Le mastiti, però, non sono tutte uguali: si possono infatti distinguere casi clinici, in cui la patologia si manifesta in modo più evidente e acuto con una chiara infiammazione della mammella, e casi subclinici, meno evidenti ma non per questo meno gravi, solitamente caratterizzati da un elevato conteggio di cellule somatiche (superiore alle 200mila cell/ml di latte).

Un lavoro norvegese più recente ha quindi stimato l’intensità di emissioni di gas serra per unità di latte dovute ai soli casi di mastite subclinica. Il modello utilizzato nello studio ha valutato le emissioni per vacche con diversi valori di cellule somatiche, considerando una riduzione nella quantità di latte prodotta al crescere della conta di cellule somatiche (nel gruppo di animali con un livello di cellule di 800mila cell/ml la riduzione produttiva è stata più del 10%), e una riduzione dell’ingestione con l’innalzamento delle cellule somatiche. Nel modello è stato considerato anche un aumento del tasso di riforma con l’innalzamento delle cellule somatiche. Passando da animali con una conta delle cellule somatiche di 800mila cell/ml ad animali con 50mila cell/ml si è ottenuto un potenziale di riduzione delle emissioni di gas serra di circa il 3.7% (Özkan Gülzari et al., 2018).

Anche per quanto riguarda la mastite clinica, emerge un incremento di emissioni per unità di prodotto dovuto a una maggior frequenza di questa patologia. È stato, infatti, stimato un aumento medio del 6.2% circa di kg di CO2eq/t di latte corretto in animali affetti da mastite clinica rispetto ad animali a cui non era stata diagnosticata la patologia. L’impatto ambientale legato ai casi di mastite variava, poi, in base al numero di lattazioni e al numero di casi per singolo animale, aumentando se la patologia si presentava più volte sullo stesso animale. L’incremento di emissioni è stato valutato considerando la perdita produttiva di latte (quantità di latte prodotta inferiore e quantità di latte scartato superiore nei capi con mastite rispetto ai sani), l’aumento nella percentuale di animali riformati e l’aumento dell’intervallo tra un parto e il successivo, dovuto a una peggiore performance riproduttiva degli animali con mastite (Mostert et al., 2019).

Da questi studi emerge che ci sia un certo margine di miglioramento per quanto riguarda l’impatto ambientale dovuto ai casi di mastite. Giocare d’anticipo prevenendo questa patologia nelle sue diverse forme può quindi contribuire a ridurre le emissioni da parte delle aziende di bovine da latte. Nei prossimi post, vedremo l’entità dell’impatto ambientale di altre patologie diffuse negli allevamenti da latte e parleremo degli strumenti e delle strategie utili per anticiparne l’insorgenza.

BIBLIOGRAFIA

  • Bava L., Sandrucci A., Zucali M., Guerci M., Tamburini A. 2014. How can farming intensification affect the environmental impact of milk production? Journal of Dairy Science 97:4579–4593
  • Guerci M., Bava L., Zucali M., Sandrucci A., Penati C., Tamburini A. 2013. Effect of farming strategies on environmental impact of intensive dairy farms in Italy. Journal of Dairy Research 80 (03):300-308
  • Gerber P.J., Vellinga T., Opio C., Steinfeld H. 2011. Productivity gains and greenhouse gas emissions intensity in dairy systems. Livestock Science 139:100–108
  • Hospido A., Sonesson U. 2005. The environmental impact of mastitis: a case study of dairy herds. Science of the Total Environment 343: 71-82. Clicca qui per leggere l’articolo
  • Özkan Gülzari S., Vosough Ahmadic B., Stott A. W. 2018. Impact of subclinical mastitis on greenhouse gas emissions intensity and profitability of dairy cows in Norway. Preventive Veterinary Medicine 150:19–29. Clicca qui per leggere l’articolo
  • Mostert P. F., Bokkers E. A. M., de Boer I. J. M., van Middelaar C. E. 2019. Estimating the impact of clinical mastitis in dairy cows on greenhouse gas emissions using a dynamic stochastic simulation model: a case study. Animal 13:12, pp 2913–2921. Clicca qui per leggere l’articolo