“Ho imprigionato la bellezza sulla mia pelle e nessuno potrà rubarmela
nemmeno gli spiriti del male”
(ritornello polinesiano)
I semplici insiemi di linee e puntini sul corpo di Ötzi avevano significato simbolico? Terapeutico? Oppure Entrambi? Il senso dei tatuaggi preistorici è ancora sfuggente. Nel mondo contemporaneo, i tatuaggi vengono intesi perlopiù come un gesto artistico. Eppure, quei segni sulla pelle rappresentano da sempre, e per diverse culture, un modo per comunicare: stabilire con certezza il loro significato è tutt’altro che scontato. Oggi, una ricerca potrebbe finalmente fare luce sui tatuaggi preistorici, svelando le loro origini e le modalità di realizzazione.
Un archeologo e un tatuatore alla scoperta dei tatuaggi preistorici
Attraverso un vasto progetto multidisciplinare è in corso uno stimolante programma di ricerca che mira a individuare i primi strumenti da tatuaggio attraverso i millenni della tarda preistoria europea. L’incontro tra un affermato artista tatuatore contemporaneo, Andrea Afferni, e un archeologo preistorico dell’Università di Newcastle in UK e collaboratore del PrEcLab, Stefano Viola, potrebbe svelare alcuni dettagli sulle prime tecniche artistiche di cui abbiamo traccia diretta sui corpi “mummificati” tra il Neolitico, l’età del Bronzo e l’età del Ferro.
L’antichità dell’arte del tatuaggio, che oggi vive un vero boom, è conosciuta attraverso l’etnografia – sono famosi i tatuaggi dei Maori in Nuova Zelanda – ma anche grazie ad alcuni favolosi ritrovamenti che provengono da epoche molto antiche. Tra questi, il già citato uomo del Similaun, noto come Ötzi, rinvenuto in Alto Adige, o alcuni corpi sepolti nei siti funerari dell’ex Unione Sovietica.
Si parte da Ötzi…
Proprio partendo da questi primi disegni corporali, e avvalendosi di una ricca bibliografia archeologica ed etnografica, la ricerca riprodurrà alcuni possibili strumenti metallici, litici ed in materia organica (osso, spine, lische di pesce, etc) che potrebbero essere stati utilizzati dai tatuatori preistorici europei.
Afferni, una vera leggenda contemporanea del tatuaggio realistico, testerà l’efficacia degli oggetti su pelle sintetica. Gli oggetti saranno poi analizzati al microscopio dal dottor Viola per individuare le tracce di utilizzo, che verranno confrontate con quelle visibili su analoghi strumenti preistorici. L’analisi microscopica valuterà inoltre la presenza di coloranti tradizionali come fuliggine, sali colorati o composti metallici, succhi vegetali e molto altro.
Un lavoro pioneristico, per trovare le risposte
Questo lavoro pionieristico, che lega lo studio dei contesti di ritrovamento all’esperienza pratica e alle moderne analisi scientifiche di laboratorio consentirà di capire meglio la complessità del fenomeno del tatuaggio anche attraverso uno sguardo che affonda nel tempo e nei gesti dei primi europei.
Le domande che si nascondono dietro ai tatuaggi preistorici sono sfaccettate e complesse, ad esempio: chi erano questi primi artisti? Erano degli specialisti? Li eseguivano a scopo magico e terapeutico? Sono segni di affiliazione tribale o di genere? Che tipi di strumenti erano impiegati? Qual era la forma degli strumenti?
Tutte risposte che solo la continuazione dellaricerca saprà fornire.
Bellissima ricerca, i segni sono in un certo senso il dna della comunicazione e della reazione sociale. Ric complimenti e buon lavoro