Università degli studi di Milano

Cosa porta con sé un migrante, quando è costretto ad abbandonare la propria terra? A quali oggetti non rinuncia, quali lo definiscono? E poi: studiare le migrazioni antiche in luoghi che da sempre sono di passaggio, come le Alpi, può aiutarci a capire meglio perché e come, ancora oggi, le persone si spostano da un luogo all’altro della Terra? Si è posto queste domande Luca Pisoni, etnoarcheologo da tempo impegnato a studiare il rapporto tra cultura materiale e migrazioni e autore, tra l’altro, del libro “Il bagaglio intimo – Gli oggetti dei migranti in viaggio verso l’Europa“, edito da Meltemi Editore.

Mercoledì 8 aprile, a partire dalle 14:30, sarà ospite in videoconferenza di una delle lezioni del corso di Preistoria del professor Tecchiati per parlare di Archeologia delle migrazioni e condividere con gli studenti alcune riflessioni tratte dalle sue ricerche. Un modo per dimostrare, una volta di più, che esiste una forte interconnessione tra passato e presente e che per capire l’uno dobbiamo comprendere anche l’altro.

Chi è Luca Pisoni

Si è laureato in Conservazione dei Beni Culturali e ha conseguito un dottorato in Scienze dell’Antichità, nel quale si è occupato del sistema territoriale e alimentare della seconda età del ferro del Trentino-Alto Adige, con uno studio sul sito di Laion, indagato dalla Soprintendenza di Bolzano.

Nel post-doc ha partecipato al progetto sulle Scritte dei pastori della valle di Fiemme, condotto dal Museo degli Usi e Costumi della Gente Trentina, relativo all’arte rupestre storica, datata tra il 1500 e il 1900, costituita da circa 40.000 scritte in ocra realizzate dai pastori durante il pascolo. In seguito si è occupato di devianza, con una ricerca etnoarcheologica sul bandito “Castrin”, di cui ha ricostruito la biografia con una serie di interviste e uno scavo nella grotta dove, da latitante, si era rifugiato durante la Seconda Guerra Mondiale.

La fascinazione per la marginalità lo ha portato ad interessarsi alle vicende della cosiddetta “rivolta di Rorarno” (RC) del 2010 (avvenuta in una baraccopoli abitata da migranti stagionali provenienti da diverse parti dell’Africa) e a quelle delle migrazioni in corso tra sud e nord del mondo, con una ricerca etnoarcheologica che ha avuto come focus gli oggetti che i migranti si sono portati da casa per il loro viaggio.

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