Un film può aiutarci a comprendere meglio l’età del Rame? Può essere utile anche per la didattica della Preistoria? Se lo è domandato il professor Tecchiati che, in questi giorni di quarantena, ha proposto agli studenti del corso di Preistoria dell’Università Statale di Milano la proiezione del film “Ötzi. L’ultimo cacciatore“, commentando poi la pellicola – ovviamente in videoconferenza – insieme ai ragazzi.
Il lungometraggio del regista Felix Randau, realizzato nel 2017, dura circa un’ora e mezza e può essere classi-ficato come un film di ambientazione storica o docufilm. La vicenda si svolge all’inizio dell’età del Rame, all’incirca tra 3300 e 3100 a.C., in un’alta valle alpina e ha come protagonista indiscusso l’uomo di ghiaccio più famoso di tutti i tempi.
La trama
Misteriosi aggressori compiono un raid nel villaggio di Ötzi, finalizzato a sottrarre un amuleto contenuto in una scatola di legno. Il villaggio viene incendia-to, gli abitanti uccisi. Il nipote (?) neonato di Ötzi scampa al massacro, il nonno lo porta con sé e lo lascia a un uomo anziano e a sua figlia, onde essere libero di consumare la sua vendetta. Bracca gli assalitori e li uccide a uno a uno, riuscendo a recuperare l’amuleto.
Resosi forse conto di quanto dolore abbia causato l’oggetto, e di quanto vana sia ora la vendetta che non servirà a restituirgli la sua famiglia, in preda all’ira lo getta nel vuoto dalla cima di una montagna. Sulla strada del ritorno un uomo lo uccide, scagliandogli una freccia che lo raggiunge alla spalla sinistra. Ötzi muore nella posizione in cui verrà ritrovato più di cinquemila anni dopo.
Si tratta di un’età del Rame verosimile?
Nella pellicola, molti dettagli non sono “perfetti” dal punto di vista archeologico e possono certamente disturbare la sensibilità degli addetti ai lavori. Per esempio, vengono utilizzati vasi in ceramica “sbagliati”, oppure l’occhio più attento può notare l’assenza di animali domestici (cani) e d’allevamento (buoi) che dovevano invece essere presenti all’epoca.
Fanno storcere il naso anche i contesti in cui sono collocati gli insediamenti, totalmente privi di campi coltivati che invece dovevano esserci, o la forzatura legata alla lingua, il retico: documentato in area alpina centro-orientale a partire dal VI secolo a.C., era anche la lingua degli abitanti delle Alpi di tremila anni prima?
Un film “abbastanza buono” per la didattica della Preistoria
Nonostante queste imperfezioni, secondo Tecchiati, il lungometraggio merita di essere visto. “Il film, che è avvincente e sorretto da una sceneggiatura coesa e credibile e da una fotografia spesso molto azzeccata, mostra un insieme di aspetti certamente veri, riprodotti in modo filologico, altri palesemente falsi, altri ancora inventati, ma è comunque un’operazione utile e interessante dal punto di vista culturale, per trasmettere alla sensibilità contemporanea la percezione, spesso convincente, della vita nelle Alpi durante l’età del Rame.”
“Ötzi. L’ultimo cacciatore” è insomma una pellicola che può avere un valore didattico abbastanza buono anche per gli studenti universitari. A patto però che si sia in grado di commentarla.
Per la lettura critica del professor Tecchiati, clicca qui.
Why is it that despite its inaccuracies, this film is considered useful for prehistoric didactics?
Regard Telkom University