Indagini archeologiche e paleoambientali nel sito preistorico delle Colombare di Negrar di Valpolicella
Il sito preistorico delle Colombare di Negrar di Valpolicella si trova sui monti Lessini, gruppo montuoso che fa parte delle Prealpi Venete, a nord di Verona. Fu scoperto negli anni Cinquanta del Novecento e indagato per la prima volta dall’allora direttore del Museo di Storia Naturale di Verona, Francesco Zorzi.
Fu frequentato per un periodo lunghissimo: secondo la grande quantità di materiali raccolti da Zorzi, dal Neolitico recente al Bronzo antico, ovvero tra i 4500 e i 2000 anni a.C. Durante i recentissimi scavi UniMi, però, la scoperta di ceramiche riferibili al Bronzo medio-recente – XIV-XIII secolo a.C – ha permesso di ipotizzare una frequentazione più lunga di quasi mille anni.
L’ultima campagna
Il sito è quindi importante per valutare le dinamiche di evoluzione culturale dei Lessini in un arco di tempo prolungato e ancora relativamente poco noto. Per questo motivo – e per la particolarità del contesto ambientale, la conservazione di stratigrafie ricche di materiali e resti botanici e la lunga frequentazione – l’Università degli Studi di Milano ha deciso di riprendere le ricerche nel sito dopo un periodo di fermo durato quasi settant’anni e interrotto solo da un paio di interventi a scopo di tutela nel 1967 e 2015, rispettivamente del Museo e della Soprintendenza veronese.
Con la nostra ricerca, che avviene grazie alla collaborazione con il Comune di Negrar di Valpolicella, la Soprintendenza archeologia belle arti e paesaggio per le province di Verona, Rovigo e Vicenza e il Museo di storia naturale di Verona, abbiamo ripreso lo scavo intrapreso da Zorzi con criteri moderni, scientificamente e metodologicamente aggiornati.
Colombare di Negrar, gli obiettivi della ricerca
Obiettivi primari delle campagne di scavo, iniziate nel 2019 e ancora in corso, sono il rilievo topografico professionale e il telerilevamento (cioè il rilevamento a distanza) del sito, a fini non solo di ricerca ma anche di tutela. Perché è solo con la profonda conoscenza del territorio che possiamo tutelare gli elementi – anche antichi – che lo compongono.
La ricostruzione del paleoambiente su scala micro (cioè con riferimento al sito stesso) e macroterritoriale, la definizione della sequenza stratigrafica e la caratterizzazione e l’analisi dei sedimenti con lo scopo di ricostruire in che modo si sono formati i depositi si affiancheranno a un più ampio progetto di ricognizione (surveying) del territorio.
Diari di scavo
Leggi il ‘diario di scavo’ 2019
Leggi il ‘diario di scavo’ 2021
Cosa facciamo
Riesaminiamo la documentazione Zorzi, con la collaborazione con il Museo Civico di Storia Naturale di Verona, che potrebbe portare nuovi dati sulla storia delle ricerche e sul loro concreto svolgimento.
Procediamo con il riescavo di alcuni saggi, per eseguire verifiche sulle strutture murarie e sulle stratigrafie individuate durante i primi anni Cinquanta.
Studiamo i resti botanici e faunistici, per precisare il carattere dell’economia di sussistenza del sito, cioè per capire quali fossero le risorse naturali (animali allevati o cacciati, piante coltivate, raccolte o scambiate) utilizzate per la sopravvivenza stessa degli abitanti, e svolgiamo una campagna mirata di datazioni al radiocarbonio per comprendere meglio l’effettiva durata della sua occupazione.
Con le nostre ricerche ci proponiamo inoltre di verificare se il sito avesse anche carattere funerario, di cui è indizio la scoperta, effettuata nel 1953 da Zorzi, di una sepoltura di infante.
I dati raccolti sul campo e le relative indagini di laboratorio stanno fornendo un quadro nuovo, e per certi versi inedito, di un sito di cui sono noti l’importanza e paradigmaticità per lo studio della preistoria recente dell’Italia Nordorientale e padana. I primi risultati delle nostre ricerche si possono consultare a questo link.