IL COSTO DELLA MASTITE

La mastite è un’infiammazione della ghiandola mammaria che porta al peggioramento sia quantitativo che qualitativo del latte prodotto; è stato stimato che se il contenuto di cellule somatiche arriva a 200000 cellule/ml si ha una perdita di circa 1,8 quintali di latte per lattazione.

La presenza di mastite determina un calo che può arrivare fino al 20% del lattosio presente nel latte e la diminuzione anche di grasso e proteine, rendendo quindi la caseificazione molto meno redditizia; il peggioramento qualitativo si ripercuote quindi su una minore retribuzione all’allevatore, aumentando la perdita economica legata all’insorgenza della malattia.

I costi che l’allevatore deve sostenere, oltre alla perdita quanti-qualitativa di latte, sono molti e di diverso tipo: costo della terapia, costo del veterinario, manodopera necessaria a gestire l’animale fino ad arrivare alla riforma dell’animale stesso nei casi più gravi. Le perdite economiche sono lo scopo del lavoro svolto da Daprà et al. (2006) alcuni anni fa ma le cui conclusioni sono valide ancora oggi.

Lo scopo dello studio è stato quindi quello di valutare quali fossero i costi che un allevatore deve sostenere in caso di mastite e quanto questi incidano a livello aziendale; sono state prese in considerazione 6 aziende di vacche da latte di razza frisona presenti nel comprensorio lombardo, caratterizzate da diversi sistemi gestionali. Nello specifico, 2 aziende hanno un numero di bovine in lattazione inferiore a 50, altre due mungono da 50 a 100 bovine mentre le ultime 2 possiedono più di 100 animali in lattazione.

Per la valutazione dell’impatto economico della mastite a livello aziendale è stato usato un modello informatico sviluppato dai ricercatori dell’Università del Minnesota; questo modello necessita di alcune informazioni riguardanti le caratteristiche aziendali (numero di animali in mungitura, consistenza primipare e pluripare, animali in asciutta e così via),  successivamente si definiscono gli obbiettivi che si intendono raggiungere che in questo caso sono stati fissati in una riduzione del 30% delle cellule nel latte di massa, dei casi clinici al mese e degli animali riformati per mastite.

L’elaborazione di questi dati permette di calcolare il costo che l’allevatore sostiene per ogni caso di mastite e inoltre permette anche la classificazione delle perdite.

Dallo studio è emerso che i danni causati dalla mastite hanno un’entità variabile all’interno dei 6 diversi allevamenti considerati: incidenza bassa in due aziende, media in tre aziende e addirittura molto alta in un’azienda; questa variabilità dipende principalmente dalle diverse condizioni ambientali e dalle capacità gestionali dell’allevatore, fattore che nello specifico influisce sulle mastiti subcliniche.

È inoltre emerso che le stalle con una maggiore incidenza di mastiti subcliniche perdono, a causa della concentrazione di cellule somatiche elevate, la porzione di pagamenti legata al raggiungimento degli standard qualitativi. Anche le perdite annue dovute alla riforma precoce degli animali sono molto variabili: in 2 aziende queste non incidono sul bilancio, in 1 azienda sono irrisori, in 2 intorno assumono un valore medio e nell’azienda più grande ammontano addirittura a cifre elevate.

In conclusione, dallo studio si evince quanto sia fondamentale, nel mercato del latte odierno, lavorare sulla buona gestione e la qualità del prodotto; per raggiungere questo obbiettivo l’allevatore deve essere attento e agire in maniera tempestiva sugli animali che presentano mastite, in maniera tale da limitare i danni della patologia e di conseguenza i costi a essa correlati.

L’ultimo aspetto da considerare è l’importanza della prevenzione, ovvero sviluppare un piano di gestione sanitaria attraverso una corretta gestione aziendale che permetta di evitare l’insorgenza della patologia, limitando quindi l’uso di farmaci.

Bibiliografia: Daprà V. (2006), Le mastiti costano molto all’allevatore, L’informatore Agrario.